Empatia e rivoluzione: Il retaggio del ’68 nel mondo digitale
Il 1968 (movimento del sessantotto) è un anno scolpito nella memoria storica come simbolo di rivoluzione e trasformazione. Una serie di proteste globali, da Parigi a Berkeley, passando per le piazze italiane, ha scosso le fondamenta del potere tradizionale, portando a galla tensioni sociali e alla luce un senso di incomunicabilità tra generazioni, gruppi sociali e istituzioni.
La radice dell’incomunicabilità: un conflitto generazionale e culturale
La frattura del 1968 era un fenomeno sociologico e un profondo disagio psicologico. La generazione post-bellica, cresciuta nel benessere economico, desiderava libertà individuale e nuove esperienze culturali, sfidando i valori tradizionali dei loro genitori. Il conflitto era inevitabile: da un lato, giovani “ribelli” con sogni di cambiamento; dall’altro, istituzioni che apparivano conservatrici e insensibili.
La psicologia delle masse amplificava questo senso di alienazione, con i media che diffondevano immagini di disordini e creavano una consapevolezza globale del malcontento. I nuovi mezzi di comunicazione, paradossalmente, frammentavano le narrative un tempo condivise, complicando ulteriormente il dialogo tra generazioni.
Geopolitica e tensione sociale: un contesto esplosivo
Le guerre e le tensioni internazionali aggiungevano benzina al fuoco. “La Guerra Fredda” alimentava l’incertezza globale, mentre il conflitto in Vietnam suscitava proteste furibonde contro una politica internazionale percepita come irresponsabile e sanguinaria. Il processo di decolonizzazione metteva a nudo l’ipocrisia delle potenze occidentali, evidenziando il divario tra promesse e realtà.
In Francia, le manifestazioni del Maggio ’68 costrinsero il governo a rispondere con concessioni, mentre in Italia, le università divennero il campo di battaglia di una generazione che chiedeva riforme e giustizia sociale. La reazione istituzionale variava: a volte repressiva, a volte accomodante, ma raramente efficace.
Lezioni dal ’68: incomunicabilità di ieri e di oggi
Oggi ci troviamo di fronte a una nuova forma di incomunicabilità, alimentata da due fattori principali: da un lato, un quadro geopolitico globale segnato da conflitti economici e militari tra alleanze come la NATO e i paesi del B.R.I.C.S.; dall’altro, il rapido progresso tecnologico che continua a trasformare le nostre interazioni sociali. Mentre nel 1968 il divario era generazionale, oggi si manifesta attraverso le barriere digitali. Le piattaforme social tendenzialmente mantengono connessi e paradossalmente accentuano la solitudine, la frammentazione sociale e l’ostentazione di egocentrismo, egoismo per mostrare online apparenza al fine di consensi, like, follower e così via. Gli algoritmi polarizzano le opinioni, creando camere dell’eco in cui le nostre convinzioni si rafforzano e la comprensione reciproca si dissolve, sostanziando e favorendo la diffusione della “paura di essere tagliati fuori” nota come FOMO.
Il 1968 è stato più di un semplice anno di proteste: è stato un momento di svolta in cui il mondo ha dovuto fare i conti con la necessità di cambiamento. Anche oggi, mentre affrontiamo nuove forme di disconnessione, i parallelismi con quell’epoca sono sorprendenti. Allora come oggi, ci troviamo davanti a una società frammentata, con una crisi di comunicazione alimentata da fattori sociali, tecnologici e geopolitici.
Sociologia della crisi dell’autenticità: dall’alienazione al senso di connessione
Nel 1968, l’alienazione era una risposta alla società dei consumi e alla meccanizzazione della vita quotidiana. Oggi, sebbene le tecnologie ci permettano di restare connessi istantaneamente, ci troviamo spesso a vivere un “paradosso della connessione”: siamo quasi costantemente online, connessi e tendenzialmente si condivide un crescente senso solitudine. La superficialità delle interazioni sui social media ha creato una cultura in cui l’apparenza conta più della sostanza, con conseguenze anche negative sulla salute mentale e sulla capacità di relazionarsi in modo autentico.
Un esempio calzante è il fenomeno della “performance sociale” sui social media: un teatro digitale dove tutto deve apparire perfetto, portando a un senso di inadeguatezza e confronto continuo. Nel 1968, i giovani erano in cerca di un’identità collettiva, lottando per cause sociali che li univano; oggi, le generazioni più giovani combattono contro le insidie di un’identità digitale frammentata.
Il ruolo delle nuove tecnologie: benefici e contraddizioni
Le piattaforme tecnologiche hanno rivoluzionato il modo in cui comunichiamo, a quale costo?
L’intelligenza artificiale (IA) sta migliorando molti aspetti della nostra vita e contestualmente rischia di disumanizzare la comunicazione. Pensiamo ai chatbot, che simulano l’empatia senza realmente comprenderla. Questa “empatia artificiale” potrebbe creare l’illusione di una connessione senza il contatto umano autentico.
Inoltre, l’uso massiccio della tecnologia ha portato a una vera e propria “dipendenza dalla validazione esterna”. La gratificazione istantanea offerta da like e condivisioni genera una spinta a cercare conferme costanti dagli altri, riducendo la capacità di sviluppare un’autostima genuina e interiore. È un circolo vizioso che alimenta l’ansia e mina la qualità delle nostre relazioni personali.
Empatianel mondo digitale: Il “Linguaggio Giraffa“ come soluzione?
Marshall Rosenberg, con la sua “Comunicazione Nonviolenta” o “Linguaggio Giraffa”, ci offre uno strumento potente per affrontare queste sfide. Questo approccio si basa sull’empatia, sull’osservazione senza giudizio e sul riconoscimento dei bisogni propri e altrui. Anche nell’era digitale, possiamo adottare questi principi per creare un dialogo più autentico e rispettoso.
Per esempio, nei messaggi di testo, possiamo essere più consapevoli della scelta delle parole, evitando critiche implicite e cercando un linguaggio che inviti alla comprensione. Anche le videochiamate possono diventare spazi di empatia, se impariamo a praticare l’ascolto attivo, anche attraverso uno schermo.
Come costruire un futuro di connessione autentica
Superare l’incomunicabilità moderna richiede una rivoluzione educativa: insegnare ai giovani la “media literacy”, ovvero la capacità di comprendere e “navigare” criticamente le informazioni digitali, e promuovere l’empatia come competenza fondamentale. La scuola e la società devono collaborare per formare cittadini consapevoli, capaci di usare la tecnologia senza perdere la propria umanità.
Adattare la “CNV” nell’era digitale
Parlare con il “cuore”: un concetto semplice e rivoluzionario, alla base del Linguaggio Giraffa di Marshall Rosenberg.
Questo approccio, basato sulla Comunicazione Nonviolenta (CNV) può funzionare in un mondo in cui la comunicazione è sempre più mediata dalla tecnologia?
Sebbene la CNV sia stata concepita per la comunicazione faccia a faccia, può essere adattata al contesto digitale per migliorare le nostre interazioni online. Ecco alcuni principi chiave:
- Consapevolezza del linguaggio: quando scriviamo un’email o un messaggio, possiamo usare il linguaggio della CNV per evitare di esprimere giudizi o accusare l’altro. Al contrario, formulare le frasi in modo da esprimere i nostri sentimenti e bisogni crea spazio per un dialogo costruttivo. Ad esempio: “Mi sento frustrato perché ho bisogno di chiarezza. Possiamo discuterne meglio?”
- Pazienza e riflessione: nel mondo digitale, c’è una pressione a rispondere rapidamente. La CNV ci invita a prendere un momento di pausa, riflettere e rispondere con calma, anche quando siamo sotto pressione.
- Empatia online: aggiungere elementi umanizzanti, come emoji o espressioni di gentilezza, può aiutare a trasmettere emozioni più chiaramente, devono essere usati con autenticità per condividere empatia e sincerità
Educare all’empatia digitale: una necessità impellente
Nel nostro contesto attuale, è fondamentale educare le nuove generazioni a essere empatiche anche online. Le scuole possono integrare programmi che insegnano a utilizzare la tecnologia in modo etico, sicuro e consapevole. Laboratori di empatia e corsi di alfabetizzazione digitale possono aiutare i giovani a sviluppare le competenze necessarie per comunicare in modo più sano e rispettoso.
L’incomunicabilità del 1968 ci ha insegnato che il cambiamento richiede coraggio, empatia e una volontà collettiva di ascoltare l’altro. Oggi, mentre affrontiamo sfide nuove e complesse, abbiamo la possibilità di creare una società più coesa sfruttando sia gli apprendimenti del passato sia le innovazioni del presente.
La tecnologia può essere intesa e vissuta come un’opportunità per praticare la “Comunicazione Nonviolenta” su scala globale. Immaginiamo un futuro in cui piattaforme digitali promuovano empatia e rispetto, un mondo in cui le nuove generazioni siano guidate da valori di connessione autentica, e dove il “Linguaggio Giraffa” diventi una decisione e consapevolezza quotidiana, online e offline.
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– Centro clinico di psicologia Buonarotti – Dott.ssa Psicoterapeuta Marzia Galimberti